Un cittadino straniero, anche se non ha la residenza o il domicilio in Italia, può contrarre matrimonio nel nostro Paese:
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secondo la sua legge nazionale dinanzi all’autorità diplomatica o consolare del suo Paese;
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secondo la legge italiana dinanzi all’Ufficiale di Stato Civile, al ministro di culti acattolici ammessi in Italia, ai ministri di culto cattolico se sono rispettate le regole previste dal rito concordatario.
Se sceglie la celebrazione secondo la legge italiana, è soggetto alle condizioni previste dall’ordinamento italiano per contrarre matrimonio e, pertanto, non devono sussistere le suddette condizioni.
Gli stranieri che risiedono o hanno domicilio in Italia, in regola con le condizioni di soggiorno, dovranno richiedere le pubblicazioni all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di e devono presentare il nulla-osta, rilasciato dall’autorità competente del proprio Paese (solitamente è sufficiente rivolgersi al consolato straniero in Italia, a volte può essere necessario rivolgersi ad autorità straniere nello stato di origine dello/a sposo/a).
Il nulla-osta deve essere tradotto e legalizzato, salvo i casi di esenzione eventualmente previsti in accordi internazionali siglati dall’Italia.
Fanno eccezione ai precedenti adempimenti due Stati: U.S.A. e Australia.
Per questi due Paesi sono previsti accordi particolari che potranno meglio essere illustrati allo sportello dello stato civile.
Se i cittadini stranieri non hanno la residenza in Italia, l’Ufficiale di Stato Civile redige un processo verbale e potrà procedere alla celebrazione in assenza di pubblicazioni.
Possono sposarsi in Italia anche i rifugiati politici o gli apolidi (ossia le persone prive di qualunque cittadinanza). In tal caso, non sono tenuti a produrre il nulla-osta per le pubblicazioni ma è sufficiente che presentino la certificazione attestante la condizione di rifugiato politico rilasciata dell’Alto Commissariato per i rifugiati o la certificazione attestante l’apolidia.